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Ieri pomeriggio stavo “nel mio ufficio” e riflettevo sulle cause e gli scopi della vita e dell’universo. E così per incentivare queste critiche manovre psichiche, mi sono messo a leggere il retro delle bottiglie del bagnoschiuma che stavano poggiate lì vicino. Devo ammettere che è una lettura che di gran lunga preferisco ai giornali da un po’ di tempo, i quali sono in grado di causare ormai solo sentimenti di costipazione e sofferenza, mentre i primi riescono (l’ho scoperto con mio sommo sbigottimento) a creare quel clima di distensione e pace adattissimo a certe mansioni d’ufficio. Qualcuno dirà “ma un bel libro no?”. No. Penso che avvicinare i libri al cesso non sia un modo per avvicinarsi alla letteratura. Anche se forse certi libri andrebbero davvero tenuti in bagno. Ma non per leggerli.
Comunque stavo lì e leggevo.
“I vapori inebriano i miei sensi, il mio corpo dolcemente si ristora… Un concerto di essenze a cui abbandonarsi per il piacere dei sensi e per l’armonia totale del corpo… Gli oli essenziali di Patchouly e Lavanda svolgono un’azione anti-stress, restituendo alla mia pelle un aspetto disteso e rilassato… Piacere sul mio corpo…”
Ora, a parte le varie metafore erotiche che possono venirvi in mente, io, in quanto aspirante creativo pubblicitario, non posso fare altro che pensare a quello che ‘ste cose le ha scritte.
Cerco di immaginarmelo, sto povero cristo, che cerca di sfogare il suo lato poetico in un lavoro che poco ha di poetico, come quello di scrivere il retro delle confezioni del bagnoschiuma. E lo capisco anche.
In questo mondo in cui tutti si sentono poeti, scrittori e filosofi; in cui tutti si sentono autorizzati a scrivere, comporre, pubblicare; in cui tutti hanno scritto almeno una poesia o hanno dipinto un quadro; uno che magari sente davvero il bisogno di sfogare il proprio spirito creativo e romantico, vede un po’ sminuite quelle vie che una volta erano esclusive per quegli animi gentili un tempo chiamati artisti. E allora cosa fa? Di solito rinuncia, frustrato dalla ormai quotidianità dell’arte da discount, e si vede costretto a reprimere dentro di sé quel turbinio di potenti sentimenti creativi che premono per uscire. E senza neanche accorgersene, un giorno si trova a creare opere come quella sopra citata. Cose di straordinaria levatura poetica se si pensa che sono scritte su una bottiglia di bagnoschiuma.

E io non riesco ad esimermi dalla difesa di questo professionista dell’arte repressa che dopo aver fatto il suo lavoro al meglio, torna a casa, non soddisfatto né fiero, non orgoglioso né superbo, ma teso, stressato, stanco. Magari un bagno al Patchouly lo aiuterà.

Certo, l’idea di finire a scrivere settenari in rima sulla confezione della carta igienica non è la mia massima aspirazione però, boh… sarebbe una forma d’arte anche quella, no? Poi se mi pagano bene, ancora meglio.