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Rileggendo un po’ gli ultimi pezzi che ho scritto (non solo in questo blog, non sono mica un novellino io), mi sono accorto che non scrivo come parlo. Non parlo mica così, io.
Cioè, io sono siciliano. Anzi. Io siciliano sono. A uno come me non verrebbe mai in mente di mettersi a parlar con le parole tronche.

Il problema è (o almeno questa è la prima spiegazione razionale che m’è venuta) che io scrivo come mi piace leggere. Anzi. Io scrivo come quello che mi piace leggere. Così almeno se a me piace un po’ quello che scrivo, può darsi che piaccia anche a qualcun’altro. Magari qualcuno a cui piacciono le stesse cose che piacciono a me.
E allora, siccome a me piace un bel po’ leggere “E io che mi pensavo“, (che lui non lo sa, ma io faccio il blogger solo perché una volta sono finito per sbaglio sul suo blog) allora finisco per scrivere un po’ come scrive lui.

Ma io di sta storia non me n’ero reso conto prima d’ora. O almeno non immaginavo fosse così grave.
Ora invece che ci penso non mi sembra neanche una cosa tanto giusta.
E chissà quanta gente c’è nella mia stessa situazione in giro per il web.

Allora adesso io dico grazie al mio inconsapevole mentore, Alessandro Bonino, ma d’ora in poi si fa a modo mio.

Ecchecavolo.